«Intelligenza della fede (intellectus fidei)»: la definizione di teologia offerta da Sant’Agostino è antica, ma non ha perso la sua efficacia.
Con due sole parole, essa fornisce dense indicazioni, almeno le quattro seguenti:
- Nell’operazione teologica, la fede va in cerca delle sue ragioni.
- Non si dà teologia senza fede, perché proprio quest’ultima è il punto di partenza di ogni discorso su Dio, di ogni ordinata riflessione circa la rivelazione che Dio ha fatto di se stesso.
- Non si dà fede senza teologia, sebbene quest’ultima possa essere presente in forma anche “solo” iniziale. Fra i differenziati stadi della teologia, infatti, vi è quello intuitivo, seguito da quello interpretativo – che riflette ed elabora il dato della propria fede – e da quello prospettico, che legge l’intera realtà a partire dall’intelligenza del dato rivelato.
- Fra fede e ragione non sussiste antagonismo, perché la fede coinvolge la persona nella sua integralità: non si può credere senza ragionare, né si può limitare la fede a una speculazione razionale che mantiene lo studioso asetticamente “fuori dalla mischia”.
Alla luce di questa definizione, potrebbe risultare più chiaro perché partecipare a una “Scuola di teologia”: perché è l’occasione per riscoprire il palpito di una fede che si misura con il quotidiano e che cerca di crescere nella comprensione di ciò che ama. Perché la teologia – lucida passione per il mistero in cui si crede – aiuta il cristiano ad essere al contempo rigoroso e pronto a vibrare spiritualmente per ciò che studia.
Questo preclude a chi si professa “non credente” o a chi si sente “in ricerca” (e chi, del resto, non lo è?) di partecipare alla “Scuola di teologia”? Certamente no; lo potrà fare, sapendo che il punto di partenza dichiarato è quello della fede cristiana, la quale – a partire dalla rivelazione di Dio in Gesù Cristo – cerca, argomenta ed esprime organicamente le ragioni del suo credere.
don Luca Castiglioni
